martedì 24 maggio 2022

LAMB


titolo originale: LAMB (ISLANDA, 2021)
regia: VALDIMAR JOHANSSON
sceneggiatura: SJON, VALDIMAR JOHANSSON
cast: NOOMI RAPACE, HILMIR SNAER GUDNASON, BJORN HLYNUR HARALDSSON
durata: 106 minuti
giudizio: 



Maria e Ingvar allevano pecore in un lembo sperduto dell'Islanda. La loro unione è stata messa a dura prova dalla perdita della loro prima figlia, morta appena nata. Un giorno però Maria scopre che una pecora del suo gregge ha partorito uno strano essere, metà agnello e metà donna, che porta subito in casa con sè dandole il nome di Ada e accudendolo come un bambino. L'assurdo ménage sarà però sconvolto dall'arrivo del fratello di Ingvar, Petur, il quale rimane scioccato dalla "novità"...  



Dopo il sorprendente Border di Ali Abbasi (2019), uscito appena prima della pandemia, arriva ancora dalla Scandinavia un altro horror altrettanto originale e carico di atmosfere, a testimonianza della grande vitalità del cinema nordico in un genere che, di pari passo con i tempi che corrono, restituisce in immagini l'inquietudine dei tempi non proprio tranquillissimi che stiamo vivendo. E, per quanto Lamb sia stilisticamente molto più "grezzo" rispetto a Border, sia a livello di sceneggiatura che di confezione, certamente non gli si può negare una statura autoriale che il suo regista Valdimar Johansson ha saputo sfruttare al meglio, avvalendosi nientemeno che dell'apporto di un cineasta di culto come l'ungherese Bela Tarr (che figura nelle vesti di produttore esecutivo) e della star svedese Noomi Rapace, che si è detta entusiasta di recitare in un film così strettamente legato alla cultura nordeuropea.

Lamb è infatti un'opera particolarissima, difficile da incasellare: di sicuro possiamo definirlo un horror, poichè il registro è quello, innegabilmente disturbante e poco digeribile (se non per stomaci forti), ma il suo significato va ben oltre la trama assurda che avete letto sopra, andando ad attingere a piene mani nella mitologia islandese e nella cultura (letteraria, orale, tramandata) di una parte di mondo che noi conosciamo pochissimo e che riesce ancora a sorprenderci e, ovvio, anche a sconvolgerci, in questo caso, per dire (e per fortuna) ben più del rozzo e sanguinario The Northman di Eggers, anch'esso in questi giorni in sala, che per scopi evidentemente commerciali ha sacrificato la suggestione in nome dello spettacolo efferato.

Nulla di tutto ciò invece in Lamb, che anzi indugia molto sulla riflessione e sul non detto, sui lunghi silenzi di una coppia, di una terra, di una stirpe poco abituata alla loquacità, ancora legata a un modo di vivere ancestrale, lontanissimo dal fragore dell'Occidente: in Islanda vivono poco più di 300mila persone, di cui la metà nella capitale, Reykyavik, e il resto sparsi sul territorio selvaggio dell'isola più a nord d'Europa, dove i ghiacci e il buio delle lunghe notti la fanno da padrone. Un contesto difficile pur se affascinante, che psicologicamente condiziona non poco l'indole dei suoi abitanti, da sempre costretti a fare i conti con una natura primordiale e alla durezza dei suoi luoghi.


Anche la vita di Maria e Ingvar è dura, specialmente dopo la morte della loro figlia appena venuta al mondo. La loro unione, già minata dal terribile evento, viene messa a dura prova da due fatti imprevisti: il primo è la sinistra comparsa di uno strano essere, metà agnello metà umano, partorito da una pecora del gregge e subito "adottato" da Maria, desiderosa di maternità. L'altro è l'arrivo del fratello di Ingvar, Petur, uomo rude e sciupafemmine impenitente, da sempre e neanche troppo segretamente innamorato di Maria. Petur nemmeno stavolta si risparmia le avances alla cognata, ma quando scopre il "mostro" che ella custodisce in casa ne rimane sconvolto, scatenando con il suo comportamento il processo di autodistruzione di tutta la famiglia...

E' da qui che la sceneggiatura di Lamb, fino a quel momento impeccabile, comincia pericolosamente a sbandare: il copione scritto a quattro mani dallo stesso regista e dal paroliere islandese Sjon (noto per aver scritto i testi di molte canzoni di Bjork) si incarta un po' nel racconto dell'inevitabile escalation di eventi nefasti che coinvolgeranno tutti i protagonisti, fino alla scontata e truculenta catarsi finale. Eppure, nonostante certe situazioni siano evidentemente tagliate con l'accetta e fin troppo sopra le righe, bisogna ammettere che Lamb nel suo complesso funziona e inquieta, riuscendo a raggiungere un buon compromesso tra il folklore scandinavo e una deriva horror decisamente più "europea", non mancando di lanciare un messaggio alle nuove generazioni legato all'importanza della famiglia, delle figli, delle convenzioni imposte, del rispetto delle diversità.

Lamb
è una fiaba moderna che si ispira al passato (fin troppo ovvio vedere nel corpo di Ada un riferimento al Minotauro greco), fatta di immagini potenti, cupi silenzi, atmosfere ambigue e un "culto" quasi malickiano della natura che avvolge e stritola gli esseri umani, alle prese con le loro piccole meschinità. Johansson usa la clava piuttosto che il fioretto per raccontarcele, ma non si può negare che non riesca nel suo scopo, quello di metterci di fronte alla nostra impotenza, alle nostre gabbie mentali che tanti danni arrecano alla buona convivenza tra esseri viventi. E, proprio come Border, forse tra qualche anno potrebbe diventare un piccolo cult... chissà. 

6 commenti:

  1. Pensa che io invece l'ho trovato incredibilmente poetico, nonostante la sua indubbia crudeltà. E ho trovato molto inquietante lo sguardo "esterno" che racconta tutta la vicenda, mai dalla parte degli umani né di Ada, né degli animali e tuttavia empatico verso tutte le loro dolorose vicende. Per me è un piccolo gioiello.

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    1. Hai ragione, lo sguardo "over" dà una dimensione equidistante e equilibrata, ma non distaccata. C'è molta umanità in questo. La confezione è ruvida ma i contenuti sono davvero umanissimi. Promosso a pieni voti.

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  2. Rispetto a Border, che era un cazzotto nello stomaco, questo mi è parso una passeggiata (sto scherzando)
    Insomma, Border mi aveva quasi tolto il sonno, questo l'ho trovato una favola nera e nulla più. Parlo da semplice appassionato.
    Un abbraccio e buona serata.
    Mauro

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    1. Il registro dei due film è molto diverso, ma le tematiche sono simili. È vero, "Lamb" assomiglia più a una fiaba dark, ma io non l'ho trovato assolutamente superficiale, anzi...

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  3. Il regista è colui che ha curato gli effetti speciali di Star Wars - Rogue one, e quindi pare incredibile che abbia diretto un film così agli antipodi, semplice essenziale e asciutto. Una delle più belle sorprese di quest'anno.

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