martedì 13 settembre 2022

VENEZIA 79 : IL "PAGELLONE"

 


Dodici giorni di visioni, una quarantina di film da commentare, molti pasti saltati, pochi capolavori e tanta voglia di ritornare ancora l'anno prossimo, nonostante tutto... Venezia 79 è stata la solita esperienza totalizzante, stancante ma necessaria per chi, come me, il cinema (soprattutto in sala) lo ama davvero. A Venezia ci si viene a prescindere, per respirare quello spirito di condivisione che non viene mai meno, anche quando, come quest'anno, il menù non offre particolari prelibatezze. Le "pagelle" che trovate qui sotto sono eloquenti: nessun film memorabile, appena quattro titoli ottimi (quattro stelle) e una valanga di film "medi', nel segno di quella mediocrità che ha caratterizzato l'edizione 2022.
p.s. in questa lista mancano un paio di film importanti come Bardo e White Noise, che non sono riuscito a vedere, e per scelta  tutti quei titoli che avevano a che fare, direttamente o indirettamente, con l'Ucraina e la relativa situazione politica. Perdonatemi, ma è più forte di me...


GLI SPIRITI DELL' ISOLA
(di Martin McDonagh, Irlanda/GB) 

Forse l'unico film davvero originale del Concorso veneziano, l'unico vero film "da festival". Il settantenne Colm (Brendan Gleeson) dall'oggi al domani rompe un'amicizia di una vita con il sempliciotto Patraic (Colin Farrell), che ci resta malissimo. Inizia così una surreale, grottesca commedia degli eventi che, come in tutti i film di McDonagh, comincia in farsa per finire in tragedia. Un film sull'importanza dell'amicizia, del dialogo tra le persone, sui danni dell'incomunicabilità, su chi per orgoglio rinuncia a capire gli altri. Molto diverso da Tre Manifesti a Ebbing, ma altrettanto importante.



GLI ORSI NON ESISTONO
(di Jafar Panahi, Iran) 
Il regista Jafar Panahi si trova attualmente in carcere in Iran, in quanto dissidente. Il regime gli ha proibito di girare film, di concedere interviste, di uscire dal suo paese. Eppure Panahi continua, nonostante tutto, a dirigere e interpretare i suoi film, che escono clandestinamente e mostrano al mondo l'orrore della dittatura. E se fino a ieri vi chiedevate come facesse, la risposta è in questo suo ultimo lungometraggio: un film nel film, dove in ogni inquadratura si respira voglia di libertà. Piccolo particolare: Gli orsi non esistono è un titolo importante non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello strettamente cinematografico. Per non scordare che Panahi è prima di tutto un grande Autore.



THE WHALE
(di Darren Aronofsky, USA) 

All'inizio sembra una puntata di Vite al limite, e nemmeno delle migliori, ma poi si compie il miracolo: Aronofsky riesce per una volta a contenere il suo stile "eccessivo" per raccontare una storia durissima e umana, quella di un uomo che ha deciso di arrendersi alla vita ma che ha ancora la forza per insegnare qualcosa a chi gli sta vicino. E' un The Wrestler dove stavolta il protagonista parte già sconfitto, ma che riesce a restare in piedi sul ring. Brendan Fraser, sfatto, invecchiato, distrutto dal make-up, disgustoso nel fisico ma brillante d'animo, prenota l'Oscar. E lo meriterebbe pure.



MARGINI
(di Niccolò Falsetti, Italia) 

Un film povero ma delizioso, girato con due soldi e tanta passione da due ragazzi toscani (Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti, rispettivamente regista e interprete) e ambientato in una Grosseto... ai margini dell'universo! Margini racconta il sogno in musica di uno scalcinato gruppo punk di provincia che si vede offrire l'occasione della vita e non intende farsela scappare, a qualsiasi costo. Un film sulle periferie, sul cameratismo, sulla ribellione e sulla frustrazione (dei giovani in generale e di quelli che abitano in provincia in particolare) ma anche sul potere dei sogni e la voglia di pensare in grande. La vera rivelazione di questa Mostra del Cinema: selezionato per la Settimana Internazionale della Critica, avrebbe meritato il concorso principale (di sicuro più di altri film, italiani e no)  



BONES AND ALL
(di Luca Guadagnino, Italia/USA) 

Luca Guadagnino gira il suo personalissimo Bonnie & Clyde (senza scomodare Badlands di Malick) costruendo un racconto di formazione profondo e disperato di due giovani freaks che attraversano il polveroso e ottuso Midwest americano alla ricerca di un amore impossibile, con tutta la rabbia e l'orrore che hanno dentro. Timothée Chalamet si conferma una volta di più attore simbolo delle nuove generazioni, la giovane Taylor Russell è una bella rivelazione. Non originalissimo, ma capace di provocare emozioni vere. Non è poco.



ARGENTINA 1985
(di Santiago Mitre, Argentina) 

Il classico film "impegnato", presente in tutti i festival. Due ore e mezza (che scorrono via bene, va detto) per raccontare il processo che condannò i vertici militari responsabili del colpo di stato del 1976 e che portò al potere il generalissimo Jorge Videla, ponendo fine a una dittatura feroce. Pellicola ordinaria, piuttosto prevedibile, onesta ma senza slanci, più una lezione di storia che di cinema. Buona prova di Ricardo Darìn, attore protagonista e volto noto anche da noi, ma nel complesso un'opera abbastanza scolastica (specie se paragonata con altre affini, a cominciare dal bellissimo NO, i giorni dell'arcobaleno di Pablo Larraìn: altro "manico", altra classe.




TAR
(di Todd Field, USA) 

Una "divina" Cate Blanchett interpreta Lydia Tàr, prima donna al mondo a dirigere la prestigiosa Orchestra Filarmonica di Berlino e ritratto spietato di una donna assurta e distrutta dal Potere. Film lungo, complesso e abbastanza faticoso, in cui la Blanchett sta sullo schermo praticamente in ogni inquadratura e lo fagocita, salvo regalarci una performance di assoluto valore. Ha vinto la Coppa Volpi, sarà il preludio per il terzo Oscar?



LOVE LIFE
(di Koji Fukada, Giappone) 

L'unico film giapponese in concorso è una storia di lutto, abbandono e rinascita: la giovane Taeko vive serenamente la sua vita insieme al marito e il figlioletto adottivo Keita, ma quando quest'ultimo muore tragicamente per un banale incidente domestico, il padre biologico del bimbo tornerà a farsi vivo e stravolgerà ogni equilibrio mentale e familiare. Tipiche atmosfere nipponiche, nel bene e nel male: film lento, riflessivo, analitico nei sentimenti. 

  

THE SON
(di Florian Zeller, USA) 

Un adolescente non sopporta il divorzio dei genitori e va in crisi profonda. Il padre (Hugh Jackman), che nel frattempo aspetta un bambino dalla nuova compagna (Vanessa Kirby) accetta di accoglierlo a casa sua, ma la coabitazione si rivelerà tutt'altro che facile tra incomprensioni, silenzi, rancore e sensi di colpa. Dopo The Father, il regista Florian Zeller porta a Venezia il secondo film della sua trilogia sui rapporti famigliari, con un'opera che per temi e dinamiche ricorda molto Gente comune di Robert Redford. Film duro, asciutto, forse prevedibile, ma onesto e sincero nei sentimenti. Tratto dall'omonima pièce dello stesso Zeller (e l'impianto teatrale si vede eccome) 



DEAD FOR A DOLLAR
(di Walter Hill, USA) 

Una lettera d'amore che il veterano Walter Hill dedica al western classico e popolare, genere immortale e pieno di storia: non a caso il film è dedicato alla memoria di Budd Boetticher, storico artigiano dei western di serie B a cavallo degli anni 50-60, cui Hill rende omaggio con un film divertentissimo, nostalgico, tutto azione, sparatorie e scazzottate, nonchè impreziosito da attori eccellenti (Christoph Waltz e Willem Dafoe). Volutamente citazionista, non particolarmente innovativo, ma capace di farti passare due ore di puro godimento per una serata di svago totale. Di più non era lecito chiedere.



DREAMIN' WILD
(di Bill Pohlad, USA) 

Un duo musicale ormai sciolto diventa famoso dopo 40 anni grazie alla ristampa di un 33 giri divenuto improvvisamente "cult": Donnie Emerson (Casey Affleck) è ormai un uomo maturo, disilluso, oppresso dai debiti, cui la nuova notorietà non sconvolge la vita. Pellicola nostalgica, classica, che ti fa riflettere sulle occasioni perdute e i treni che passano... il ritmo è compassato, languido come una vecchia canzone country. Tratto da una storia vera. 



SAINT OMER
(di Alice Diop, Francia) 

Rama, un'insegnante di letteratura in dolce attesa, sta scrivendo un libro sul mito greco di Medea. Lo spunto gli giunge dalla vicenda giudiziaria di una giovane madre senegalese a processo per infanticidio: la donna è infatti accusata di aver annegato in mare la sua bambina e non aver affatto rinnegato il gesto in sede processuale. A differenza dell'opinione pubblica (che bolla la ragazza come feroce assassina) Rama è decisa a scavare a fondo nella mente di una donna accusata di un gesto così terribile... sorprendente opera prima della francese Alice Diop, già navigata documentarista, e bella riflessione sulla maternità e la psiche umana.



PEARL
(di Ti West, USA) 

Prequel attesissimo e annunciato del già "cult" X - a sexy horror story, sempre diretto da Ti West e passato fuori concorso in una applauditissima proiezione di mezzanotte. Non sono, come sapete, un grande amante dell'horror e mi viene difficile giudicare un film del genere, a detta degli "esperti" comunque inscindibile da X (che non ho ancora visto). Mi limito pertanto a rilevare solo la straordinaria prova della protagonista, Mia Goth, che si divora l'intera pellicola con un'interpretazione che è già di gran lunga tra le migliori dell'anno. Ne riparleremo sicuramente.



MASTER GARDENER
(di Paul Schrader, USA) 

Un giardiniere provetto e solitario (Joel Edgerton) presta servizio presso un'anziana e ricchissima possedente (Sigourney Weaver) curandone maniacalmente gli spazi verdi. Ma si capisce subito che dietro a questa maschera di dedizione e lavoro c'è un passato oscuro che tornerà prepotentemente a galla con l'arrivo di una giovane apprendista (Quintessa Swindell) che sconvolgerà il cuore di un uomo apparentemente di ghiaccio. Paul Schrader ha vinto il Leone d'oro alla carriera ed ha "ringraziato" portando al Lido questo suo ultimo film che però, è bene dirlo, è ben lontano dalle sue opere migliori. Tuttavia un film di Schrader si guarda sempre volentieri, ci mancherebbe.



UN COUPLE
(di Frederick Wiseman, USA) 

Alla tenera età di 92 anni (di cui una sessantina spesi a girare ottimi documentari) Frederick Wiseman gira il suo primo film di finzione. Anche se parlare di "film" è relativo: si tratta di un monologo di 62 minuti in cui un'attrice, Nathalie Boutefeu, che interpreta Sofia Tolstoj, declama davanti alla cinepresa le lettere che il suo personaggio scriveva all'amato marito Lev. I coniugi Tolstoj ebbero 13 figli e una vita matrimoniale tormentata: momenti di grande depressione alternati ad altri di amore intenso e passionale. Dalle loro lettere traspare il ritratto di una coppia sorprendentemente moderna. Il dilemma è atavico: si tratta di cinema o teatro filmato? La risposta la attendiamo fin dalla nascita del cinema stesso.



CHIARA 
(di Susanna Nicchiarelli, Italia) 

La giovinezza della giovane Santa Chiara (interpretata da Margherita Mazzucco, già protagonista de L'amica geniale) dall'incontro cruciale con San Francesco (Andrea Carpenzano), ai dissidi con il Papa (Luigi Lo Cascio) fino alla costituzione del primo ordine religioso femminile, le Clarisse, non più suore di clausura ma libere servitrici di Dio. Nicchiarelli ridisegna in chiave moderna e spigliata la prima donna emancipata e femminista della storia facendolo con garbo, delicatezza e originalità attraverso un gran lavoro sul linguaggio e sulle musiche: gli intermezzi canori conferiscono al film un tono leggiadro, risultando sempre appropriati al contesto. Il miglior film sin qui della regista, e il miglior film italiano in concorso.



IL SIGNORE DELLE FORMICHE
(di Gianni Amelio, Italia) 

La vergognosa vicenda giudiziaria di Aldo Braibanti, intellettuale piacentino condannato a nove anni di reclusione per aver "plagiato" un suo giovane allievo, raccontata da Gianni Amelio in un accorato film-denuncia: nell'Italia bigotta degli anni 60 il reato di plagio serviva a mettere alla porta i "diversi" in genere, omosessuali in primis. Il Signore delle Formiche è un buon film d'impegno civile che indigna e commuove, cinematograficamente molto classico, politicamente poco accurato: secondo Amelio il PCI dell'epoca (e il suo giornale, L'Unità) ebbero posizioni molto ipocrite sul caso. Opinione smentita dai fatti: L'Unità fu il giornale che più di tutti seguì e diede risalto al processo, finito poi con uno sconto di pena. Buona prova di Luigi Lo Cascio, protagonista, ma Elio Germano (il cui personaggio rappresenta la coscienza politica del tempo) gli è nettamente superiore.



SICCITA'
(di Paolo Virzì, Italia) 

In una Roma dove non piove da tre anni, il Tevere è in secca e le blatte hanno invaso le case, storie di ordinaria (dis)umanità si intrecciano in una città ormai allo stremo, tra scontri di piazza, miseria, epidemie e lo strafottente cinismo delle classi abbienti. Paolo Virzì torna (finalmente!) a graffiare girando uno spaccato apocalittico di una società nemmeno troppo distopica, incattivita, non risparmiandoci taglienti riflessioni politiche e sociali. Film grottesco e una volta tanto non buonista, come le ultime fiacche opere del regista livornese.



ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED
(di Laura Poitras, USA) 

Il Leone d'oro 2022 della Mostra di Venezia va a un documentario piuttosto convenzionale, cinematograficamente molto povero (2/3 del film sono composti da diapositive che scorrono...), dedicato all'attivista americana Nan Goldin, figura non troppo nota nel vecchio continente ma ben conosciuta negli Stati Uniti dove per anni ha combattuti gli abusi perpetrati dalle case farmaceutiche nel settore degli oppiacei. Un Leone d'oro politico e "di necessità", di sicuro uno dei più deboli degli ultimi anni, assegnato da una giuria probabilmente non omogenea nei giudizi. C'era di meglio.



BLONDE
(di Andrew Dominik, USA) 

Il film più atteso della Mostra si è rivelato una delusione enorme: tratto dall'omonimo libro di Joyce Carol Oats, solo "liberamente ispirato" alla vita di Marilyn Monroe, Blonde è un film totalmente privo di senso narrativo: il regista Andrew Dominik lo immagina come un incubo ad occhi aperti di una donna infelice e sfruttata, alternando realtà e immaginazione, dramma e horror, con un gusto estetico notevole (che però si perderà irrimediabilmente nella visione domestica) ma che mette troppa carne al fuoco procedendo per accumulo e risultando sovraccarico, lento, disomogeneo, pesante e davvero troppo, troppo lungo (165 minuti, che si sentono tutti). La bravura e la bellezza di Ana De Armas non bastano a farci appassionare a un calderone indigeribile dove anche certe sequenze, pur notevoli, vengono stemperate da un'insopportabile stanchezza di fondo.  



MONICA
(di Andrea Pallaoro, Italia) 

Ormai soprannominato da tutti PallaDoro, il regista trentino (che vive in America) ci offre un altro ritratto di una figura femminile particolare, in questo caso quello dell'attrice Trace Lysette, che racconta il (lungo) viaggio di accettazione e introspezione di una donna nata uomo. Nobile negli intenti ma sconclusionato negli esiti, Monica è stato eletto per... sbadigliamento il film più noioso di tutta la rassegna. E sono assolutamente d'accordo.



TI MANGIO IL CUORE
(di Pippo Mezzapesa, Italia) 

La bella Elodie ce la mette tutta per il suo debutto da attrice, e il suo volto di sicuro "buca" lo schermo per la gioia dei suoi numerosi fan giunti al Lido. E va detto che non se la cava neppure malaccio (anche se il suo ruolo certo non richiedeva chissà quali doti interpretative...) Il film di Mezzapesa è però alquanto banale, a metà strada tra La Piovra e una media puntata di Gomorra: siamo insomma dalle parti di un medio prodotto televisivo, oltretutto girato in un bianco e nero inutile e ruffiano.



DON'T WORRY DARLING
(di Olivia Wilde, USA) 

La pellicola più "glamour" della Mostra (per la presenza dell'idolo delle ragazzine Harry Styles, ma anche della brava Florence Pugh, oltre che della fascinosa regista Olivia Wilde) non è altro che una brutta (ma proprio brutta) copia di The Truman Show, prevedibile fin dalla prima inquadratura e con una sceneggiatura da barzelletta. Si salvano solo le scenografie e i costumi (che ricreano bene lo stile anni 50) e la discreta prova della Pugh, anche se recita ancora un po' troppo "stile Midsommar". Trovare altri aspetti positivi è davvero arduo...



THE ETERNAL DOUGHTER
(di Joanna Hogg, GB) 

Un'attrice di culto (Tilda Swinton) in un doppio ruolo intrigante, atmosfere gotiche, plumbee, un'atmosfera horror che prometteva benissimo. E invece il film di Joanna Hogg si sgonfia subito, risultando piatto, senza slanci: un'ora e mezza che sembrano tre, dove non accade assolutamente nulla e il "colpo di scena" alla base della trama si intuisce dopo cinque minuti. Ancora ci chiediamo il senso di mettere in concorso una roba del genere...



L' IMMENSITA'
(di Emanuele Crialese, Italia) 

Quando un regista si decide a girare il suo film della vita (e soprattutto un film sulla SUA vita) càpita spesso purtroppo di cadere in ansia da prestazione. Ed è quello che è successo a Emanuele Crialese, che porta al cinema la sua difficile storia personale e merita ovviamente rispetto. Il film però è indifendibile sotto ogni punto di vista: di un manierismo insopportabile, quasi irritante, precotto dall'inizio alla fine con inserti musicali che sfiorano il ridicolo involontario. Non bastano gli intermezzi di Raffaella Carrà, Dorelli e Celentano per ricostruire l'Italia conservatrice degli anni 70: un film  che vorrebbe essere intimo e invece fa solo "rumore", proprio come la canzone della Raffa urlata in continuazione dall'inizio alla fine. Peccato.



THE HANGING SUN
(di Francesco Carrozzini, Italia) 

Il film di chiusura della Mostra del Cinema è ormai da anni notoriamente una ca...volata, quasi per contratto, e anche quest'anno non si fa eccezione: The Hanging Sun è un insignificante e scontatissimo thriller nordico che si avvale della presenza di Alessandro Borghi (la sua faccia serve per lanciarlo sui mercati internazionali) tratto dall'omonimo romanzo di Jo Nesbo. Un'oretta e mezza di ordinarie banalità che non lasciano assolutamente il segno. Dimenticabilissimo.



NUCLEAR
(di Oliver Stone, USA) 

Dispiace dirlo, ma il peggior film in assoluto di questa 79. Mostra del Cinema lo dirige uno stanco e poco lucido Oliver Stone, ormai caricatura di se stesso. Nuclear è un documentario che vorrebbe convincerci della necessità dell'energia atomica per un mondo più pulito e responsabile. Non ci sarebbe niente di male, senonchè il tono adottato dal 75enne tre volte premio Oscar assomiglia a quello dei video di reclutamento dell'Isis, ovvero: il nucleare è utile, vantaggioso, pulito, perchè lo dico io. Stop. Nessuna analisi seria a confutazione, nessun dato scientifico, solo due ore di banali esternazioni senza contraddittorio. Il compianto Vangelis, autore delle musiche in quello che è stato verosimilmente il suo ultimo lavoro, avrebbe meritato un commiato migliore.
   

10 commenti:

  1. Bella lista, ci sono film interessanti ma leggo che per alcuni ci sarà da aspettare febbraio 2023 forse in previsione degli Oscar, per cui L'isola degli spiriti, ahimè dovrò aspettare. Ho un debole per B.Gleeson.
    Ma il film di Panahi uscirà ad ottobre e spero anche dalle mie parti.
    The Whale sicuramente è in agenda , ahahahah, (potrò averla anch'io, no?)
    Invece ho cambiato idea su Blonde, avevo buone aspettative, ma da quanto ho letto, ho davvero paura di odiarlo, ne ho letto davvero male.
    Comunque Venezia è sempre una bella via di fuga dal quotidiano.
    Prima il Covid, oggi la guerra, non voglio usare un tono divertito, ma non è che la questione "elettricità" e razionamenti in atto daranno un ulteriore giro di vite alle sale cinematografiche? 😕
    Ciao, buon rientro!

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    1. Mi auguro di no, sarebbe molto triste vedere altre sale che chiudono. Io e altri miei amici, nel nostro piccolo, ci stiamo dando da fare per aiutare una piccola sala del mio paese a sopravvivere: faremo corsi di cinema, visioni a tema, presentazioni, cineforum, con l'obiettivo di provare a fare riabituare il pubblico alla sala cinematografica. Sarà una mossa di chisciottesca, ma non ci vogliamo arrendere senza combattere! :)

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    2. Bello!!!! Ottima idea davvero, avrai / avrete da sbizzarrirvi oltre il fatto che nascono poi situazioni di condivisione, amicizie, il cinema è una passione che crea comunanza 👍 in bocca al lupo!

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    3. Grazie! Crepi :) speriamo che l'iniziativa vada bene, altrimenti... ci saremo divertiti comunque! Non ci sono controindicazioni;)

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  2. Solito magnifico lavoro, complimenti!
    Una guida indispensabile alla visione, che terrò sempre sottomano.
    Grazie davvero!
    Un abbraccio.
    Mauro

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    1. Grazie Mauro, sempre gentilissimo. Spero che questa "guida" possa essere utile, aldilà delle mie "stelline" che lasciano il tempo che trovano
      Ricambio l'abbraccio

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  3. Hai citato una riga di film che devo assolutamente vedere, in primis Pearl e The Whale. Ieri sera, intanto, mi sono goduta Il signore delle formiche, interessante e tristemente attuale, con degli ottimi attori.

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    1. Sono due film che meritano la sala e una distribuzione seria. Per "The Whale" non dovrebbero esserci problemi, mi auguro anche per "Pearl"... del film di Amelio spero di parlare presto, comunque condivido il giudizio positivo

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  4. Grande Kris! Hai fatto una scorpacciata e un gran lavoro di sintesi. Andrò presto a vedere qualcosa... e saprò dirti cosa ne penso :-)

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    1. Grazie! Io aspetto qui i tuoi commenti... più che volentieri! :)

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