sabato 11 febbraio 2023

BUSSANO ALLA PORTA

 
titolo originale: KNOCK AT THE CABIN (USA, 2023)
regia: M. NIGHT SHYAMALAN
sceneggiatura: M. NIGHT SHYAMALAN, STEVE DESMOND, MICHAEL SHERMAN
cast: BEN ALDRIDGE, JONATHAN GROFF, DAVE BAUTISTA, RUPERT GRINT, NIKKI AMUKA-BIRD, ABBY QUINN, KRISTEN CUI
durata: 105 minuti
giudizio: 



Una coppia gay con una bimba piccola si appresta a trascorrere un weekend di relax in una casa isolata in mezzo ai boschi. All'improvviso però quattro sconosciuti bussano alla porta e li fanno prigionieri, "avvertendoli" che dovranno sacrificare uno di loro a scelta (compresa la bambina) per salvare il mondo da un imminente Apocalisse... 




Dimenticatevi Haneke. Se mai aveste pensato (io sì, lo ammetto) che la trama di Bussano alla porta avesse potuto avere qualche attinenza con l'iconico Funny Games del grande maestro austriaco, siete (siamo) clamorosamente fuori strada. Anzi, diciamo pure che i due film sono l'uno l'antitesi dell'altro: se in Funny Games la violenza perpetrata da due "disturbatori", che con un banale pretesto si introducono nella casa di una famiglia-bene e la massacrano, era totalmente gratuita e priva di senso, in Bussano alla porta accade esattamente l'opposto: i quattro personaggi che sequestrano con la forza una coppia gay in vacanza con la figlia hanno un validissimo motivo per giustificare il loro gesto, ovvero quello di scongiurare la fine del mondo. Ovviamente a modo loro... 

Tutto si può dire di M. Night Shyamalan tranne che non abbia il coraggio di osare, a volte sfidando anche il ridicolo involontario: era già successo con il precedente Old e succede anche qui, dovendo lo spettatore avere a che fare con una trama talmente improponibile che si fa davvero fatica a prendere sul serio. Il coraggio di Shyamalan si basa sulla pretesa che lo spettatore si affidi completamente a lui, fidandosi ciecamente di quello che vede sullo schermo. Il cinema di Shyamalan pretende infatti un autentico atto di fede da parte di chi guarda, cui non resta altro che augurarsi che l'improbabilità a cui assiste sia finalizzata a un disegno preciso, simbolico, quasi come un dogma sacro. Cosa che in effetti avviene.

Non solo. Shyamalan è dai tempi de Il sesto senso che cerca di dimostrarsi all'altezza di quell'autentico capolavoro di genere, tanto da creare ogni volta enormi aspettative da parte del "suo" pubblico, che in ogni film attende sempre il classico "colpo di scena finale" quasi fosse un marchio di fabbrica, un segno distintivo, artistico, del regista di origine indiana. E invece ecco la sorpresa, anche questa a suo modo spiazzante: in Bussano alla porta non c'è nessun colpo di scena, nessun finale a effetto, tutto è messo in chiaro fin dall'incipit, addirittura disarmante nella sua semplicità: un uomo subdolo e gigantesco (Dave Bautista, funzionale al ruolo) abborda la figlia adottiva della coppia, spiegandole in parole semplici tutto quello che accadrà "dopo". Il film non fa alcun mistero della piega che sta prendendo: i quattro moderni Cavalieri dell'Apocalisse pongono ai prigionieri una scelta impossibile, un sacrificio inimmaginabile per salvare il mondo intero. Come nella Tragedia Greca, come nelle Sacre Scritture, la scelta è tra la morte e il libero arbitrio, tra una solidarietà inconcepibile e un egoismo da pagare a caro prezzo.

L'ultimo Shyamalan inchioda ognuno di noi di fronte alle proprie responsabilità: la Terra sta morendo per colpa degli uomini, e la Terra si ribella rendendoci pan per focaccia (sotto forma di catastrofi naturali: terremoti, tsunami, malattie, che assumono la forma di autentiche piaghe bibliche). Solo compiendo un sacrificio estremo sarà possibile salvarsi, affinchè l'umanità possa rendersi conto che il perdono comporta un prezzo enorme da pagare, tanto quanto le nefandezze perpetrate dagli uomini nei secoli di storia. Il colpo di scena non c'è perchè non può esserci: il (nostro) destino è ineluttabile, predestinato, e quel che è peggio ce lo siamo costruiti con le nostre mani, pezzo dopo pezzo.

Tratto da un romanzo di Paul Tremblay divenuto ormai cult (La casa alla fine del mondo), Bussano alla porta non può considerarsi un horror in senso stretto, anche se le efferatezze certo non mancano: Shyamalan si rifà più che altro ai canoni di un sottogenere, la home-invasion, adattato però a uno stile del tutto personale e riconoscibilissimo che sfora nel thrilling e nel soprannaturale. La sceneggiatura è tagliata (volutamente?) con l'accetta, certe dinamiche sono poco approfondite (la coppia gay protagonista si rifugia nel bosco per sfuggire alle malelingue e alla violenza xenofoba dei benpensanti, ma la questione razziale nei 105 minuti di lunghezza è appena sfiorata), ma il film, proprio come Old, innegabilmente funziona. La tensione non cede di un millimetro, la sensazione di claustrofobia è opprimente (tutto il film è girato in pratica dentro una casa), e si esce dalla sala interrogandoci e riflettendo su ciò che abbiamo visto. Questo è il grande pregio di un regista come M. Night Shyamalan: potrà anche sbagliare un film (e non è questo il caso) ma la visione dei suoi film non ti lascia mai indifferente. Avercene.

6 commenti:

  1. L'ho visto ieri sera e devo dire che mi è piaciuto, anche se i veri capolavori di Shyamalan credo siano ormai irripetibili. Però è un film che fa pensare, sono d'accordo con te.

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    1. Non so se Shyamalan abbia mai diretto vero capolavoro, certo è che i suoi film hanno uno stile e una coerenza assolutamente riconoscibili, che ne fanno un Autore di tutto rispetto

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  2. Ho sempre apprezzato Shiamalan, e non vedo l'ora di vedere questo film

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    1. Se lo hai sempre apprezzato, lo apprezzerai anche in questo film 😉

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  3. In realtà la coppia protagonista non fugge da nulla, è semplicemente in vacanza, il che rende ciò che succede ancora più sconvolgente. Anzi, la verità sull'identità di "Ron Weasley" nel libro non viene confermata, qui serve a Shyamalan per aumentare l'atto di fede di chi decide di sacrificarsi. Detto questo, ti consiglio la lettura del libro e aggiungo che, per quanto mi riguarda, Bussano alla porta è davvero un ottimo film, ma gli perdono poco il didascalismo finale, di cui avrei fatto a me.

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    1. Non ho letto (colpevolmente) il libro da cui è tratto il film, e a questo punto lo recupererò. Però (magari sbaglio, eh!) a me la versione di Shyamalan della "vacanza" nel bosco è parsa proprio una fuga dal razzismo e dai pettegolezzi della gente verso i gay (come si vede anche dai flashback disseminati nel film). Ma, ripeto, è solo la mia personalissima lettura

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