martedì 3 ottobre 2023

ASTEROID CITY

titolo originale: ASTEROID CITY (USA, 2023)
regia: WES ANDERSON
sceneggiatura: WES ANDERSON, ROMAN COPPOLA
cast: SCARLETT JOHANSSON, JASON SCHWARTZMAN, TOM HANKS, TILDA SWINTON, EDWARD NORTON, JEFFREY WRIGHT, BRYAN CRANSTON, ADRIEN BRODY, MATT DILLON, MAYA HAWKE, MARGOT ROBBIE
durata: 105 minuti
giudizio: 



America, 1955. Ad Asteroid City, una cittadina sperduta in mezzo al deserto, un convegno di studiosi di astronomia richiama personaggi più o meno stravaganti da ogni parte del paese. Ma in seguito a uno strano "incontro ravvicinato", gli eventi prenderanno una piega inaspettata...



La sindrome di Peter Pan non è necessariamente un male, anzi. In campo artistico certe volte è perfino un dono: quando un artista riesce (per scelta o suo malgrado) a restare bambino e a regalarci opere fresche, brillanti, gioiose e amabilmente acerbe
, per noi spettatori è pura gioia per gli occhi. Il problema è che poi si cresce... e la fanciullezza sparisce in un attimo, così come lo sguardo disincantato sul mondo: esattamente quello che dev'essere capitato a Wes Anderson, l'eterno ragazzo texano ormai diventato "grande" (va per i 54 anni) e (forse) desideroso di scrollarsi di dosso l'etichetta di Autore eccentrico e un po' naif, e magari voglioso di dedicarsi a un cinema più profondo e riflessivo.

Fattosta che dallo splendido, tenerissimo L'isola dei cani al susseguente The French Dispatch, fino a quest'ultimo Asteroid City, la dimensione artistica di Wes Anderson è drasticamente cambiata: non vi è alcun dubbio che Asteroid City sia il suo film più intimo e personale, direi anche il più libero e il meno soggetto a vincoli produttivi. E se The French Dispatch era il film della definitiva "maturità", Asteroid City è la conferma di una svolta consapevole verso una produzione ormai sempre più autoreferenziale e svincolata dalle logiche commerciali, nel bene ma anche nel male.

Intendiamoci, a livello stilistico Anderson è sempre lo stesso, graniticamente coerente con la sua concezione filmica: colori pastello, ambientazioni pop, personaggi surreali, stralunati, eterei, sempre un po' fuori contesto. Quello che cambia è il tono dei suoi film, sempre formalmente impeccabili ma anche sempre meno sorprendenti, decisamente consapevoli del tempo che passa e privi di quella spensieratezza e di quella "tenera follìa" che che li contraddistinguevano agli inizi. Gli argomenti sono sempre gli stessi (la famiglia - ovviamente disfunzionale - così come l'inadeguatezza, la malinconia, l'inquietudine di sentirsi perennemente al posto sbagliato) ma la trattazione non è più snella come una volta e non riesce più ad elevarsi leggiadra nelle fantasie del suo autore.


In questa sua nuova carriera Anderson si diverte a inventare film fatti di scatole cinesi e incursioni nel metacinema, ma la narrazione diventa macchinosa, lenta, complessa: la sceneggiatura di Asteroid City (scritta dallo stesso Anderson insieme al figlio d'arte Roman Coppola) prevede molta meno ironia e molto più mestiere, e alla lunga le iterazioni tra (sur)realtà e finzione finiscono per stancare, restando prigioniere della propria forma. A nulla servono i tanti, soliti camei di star famose (impossibile citarle tutte) che invece di impreziosire il film lo appesantiscono senza portare alcun contributo significativo. Non è un film superficiale, tutt'altro, ma la rilevanza dei temi trattati passa in secondo piano rispetto a una costruzione fin troppo concettuale e mai coinvolgente, che sa più di mero esercizio di stile piuttosto che di invenzione artistica.

Anderson e i suoi scenografi ricostruiscono alla perfezione gli anni '50 e lo straniamento di quest'immaginaria cittadina dispersa in mezzo al deserto, eppure è vano sperare di ritrovare nei 105 minuti di Asteroid City (che sembrano 400) la "lucida follìa" de I Tenenbaum o l'improbabile spensieratezza de Il treno per il Darjeeling. Un film accattivante, sgargiante, impeccabile nella confezione ma che non arriva mai nè al cuore nè alla testa dello spettatore: il difetto più grande di Asteroid City è che non sorprende mai e, quel che è peggio, non ti fa mai venire voglia di "vedere come va a finire", mentre nel frattempo guardi con insistenza l'orologio. E' cambiato Anderson o sono cambiato io? Probabilmente entrambe le cose... nel dubbio, però, passo oltre.

5 commenti:

  1. Eppure a me questo Anderson colorato ma malinconico affascina sempre tantissimo. Sono ancora una "bimba di Wes"!

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    1. A livello stilistico è impeccabile come sempre: però boh a me sembra che manchi il "cuore"... la confezione comunque è sempre di gran classe

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  2. guarda, su The French Dispatch (che comunque avevo adorato!) potrei anche capirti, ma qui proprio no!! E' un film tenerissimo e assolutamente comprensibile, non posso proprio crederci che tu l'abbia trovato noioso! Secondo me una seconda chance dovresti dargliela :)

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    1. che a te fosse piaciuto non avevo dubbi! scherzo 😂 io non ho detto che è incomprensibile ma macchinoso: proprio non mi è "arrivato", fermo restando che, come ho detto sopra, esteticamente è bellissimo, non discuto

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