venerdì 3 novembre 2023

KILLERS OF THE FLOWER MOON


titolo originale: KILLERS OF THE FLOWER MOON (USA, 2023)
regia: MARTIN SCORSESE
sceneggiatura: MARTIN SCORSESE, ERIC ROTH
cast: LEONARDO DI CAPRIO, LILY GLADSTONE, ROBERT DE NIRO, JESSE PLEMONS, BRENDAN FRASER, JOHN LITHGOW
durata: 206 minuti
giudizio: 



Oklahoma, anni '20. Gli indiani Osage scoprono sotto alla loro terra un enorme giacimento di petrolio, tale da renderli il popolo più ricco d'America. Ovviamente l'oro nero farà subito gola agli avidi proprietari terrieri dell'epoca, disposti a tutto pur di metterci le mani sopra. Tra questi ci sono lo spietato latifondista William Hale e il suo inetto nipote Ernest Burkhart, il quale su "consiglio" dello zio non esiterà a sedurre e sposare la giovane indiana Molly, primo passo di un piano diabolico teso ad espropriare agli indiani le loro ricchezze. Da quel momento infatti una serie di strane morti cominceranno a falcidiare la comunità dei nativi... 





Siamo sempre dalle parti di Gangs of New York, non si scappa. Martin Scorsese non perde occasione per ricordarci ogni volta che "la più grande democrazia del mondo" poggia le fondamenta sul sangue e sulla violenza di tante vittime innocenti e silenziose, colpevoli solo di essere nate e cresciute nel periodo e nel posto sbagliato della loro storia. Qui ci spostiamo di diverse migliaia di chilometri rispetto alla Grande Mela, ma la sintesi è la stessa: siamo negli anni Venti, in Oklahoma, un territorio arido e inospitale dove, per ironia della sorte, i nativi Osage avevano deciso di stabilirsi proprio per non sentirsi minacciati dallo strapotere e dalla ricchezza dei bianchi conquistatori, ignari però che sotto quelle distese rocciose si trovasse uno dei più grandi giacimenti di petrolio di tutta l'America...

Scorsese racconta anche questa volta una "storiaccia" drammaticamente vera: quella che negli anni tra il 1920 e il 1926 riguardò perlappunto gli indiani Osage, divenuti loro malgrado ricchi sfondati e pertanto oggetti di mire espansionistiche da parte dei latifondisti bianchi. Attraverso un racconto fluviale di 206 minuti (che non sono un dettaglio, ci torneremo) il grande regista newyorchese costruisce un potente, dettagliato, appassionato pamphlet sul tema dell'avidità e della sopraffazione: Killers of the Flower Moon non è nè un western nè un gangster-movie, e nemmeno un film storico a tutti gli effetti: potremmo invece definirlo un colossale affresco storico-politico su una delle più atroci vicende sommerse del secolo scorso e meritatamente riportata alla luce da questo film. 

Le vittime e i sopraffatti sono naturalmente gli indiani, la comunità Osage, gente pacifica e ingenua caduta nelle grinfie degli spietati proprietari terrieri del tempo, disposti a tutto pur di soddisfare la loro sete di denaro e potere. Qui il "capo dei capi" è l'odioso, mefistofelico William Hale (un immenso Robert De Niro, che finalmente ritroviamo in un ruolo degno di lui), uno che si fa chiamare "The King" (anche dall'imbelle nipote Ernest, ovvero Leonardo Di Caprio) e che a differenza di tutti i grandi criminali della filmografia scorsesiana opera nell'ombra e lascia il lavoro sporco ad altri, consistente nell'eliminazione fisica, progressiva, sistematica di tutti gli Osage attraverso un'infinita serie di "strani" omicidi che colpiscono uno a uno i membri della comunità. La silenziosa mattanza andrà avanti per anni e anni, sotto gli occhi della dolce e triste Molly (Lily Gladstone, bravissima), che sposerà Ernest per interesse (di lui) e che da quel momento assisterà inerte al tragico sterminio della propria famiglia... 

Killers of the Flower Moon
è uno dei film più cupi di Scorsese. Non c'è alcuna traccia di ironia, suspance, nessuna battuta sagace. Non c'è humour macabro (come in Silence) e non ci sono nemmeno canzoni e musiche a tema. Troppo doloroso e troppo cruento il contenuto per scherzarci sopra, in una pellicola che si spinge a rappresentare gli istinti più abietti dell'avidità umana e ci mostra fino a che punto l'uomo è disposto ad arrivare per soddisfare la propria sete di soldi e potere: in molti hanno paragonato Killers of the Flower Moon a Rapacità di Von Stroheim (1924), certamente calzante per l'argomento trattato, ritengo però che il film più prossimo all'ultimo Scorsese sia Nascita di una Nazione di David W. Griffith (1915), per lo stesso modo, magniloquente e drammatico, di raccontare al pubblico un'America capace di scrollarsi di dosso la polvere insanguinata delle origini e ricostruirsi un'immagine di paese tollerante e democratico.


Ma aldilà di tutte le considerazioni sopra, Killers of the Flower Moon può considerarsi un capolavoro o è "solo" un bel film? Trattandosi di Scorsese, altre opzioni non sono ammesse! Scherzi a parte, sceglierei... la seconda che ho detto! Sì, perchè pur con tutta l'ammirazione possibile verso un cineasta che a 80 anni suonati gode ancora di una lucidità stilistica encomiabile e può ancora influenzare l'intero cinema occidentale, resto convinto che questo suo ultimo film sia in realtà più importante che bello (per la storia che racconta), più sconvolgente a livello emotivo piuttosto che cinematografico, granitico nelle convinzioni ma abbastanza convenzionale nello stile. Intendiamoci: il modo in cui Scorsese rappresenta il Potere che si insinua subdolamente in una comunità pacifica è meraviglioso, ma la messinscena risente di un ipertrofismo stilistico che non fa bene al film. Apple Tv (che produce) ha concesso al regista libertà totale, e il vecchio Martin non se lo è fatto certo ripetere girando ogni scena senza vincoli e senza limiti temporali e produttivi.

Ne è venuta fuori un'opera fluviale, sbilanciata, dal ritmo alterno (ci sono sequenze di autentico pathos alternate ad altre abbastanza convenzionali - non voglio dire inutili -  che abbassano notevolmente il livello di attenzione) e che, senza voler essere tacciati di lesa maestà, traballa un po' a livello di scrittura. Sì, perchè nonostante la sceneggiatura sia firmata, oltre che dallo stesso Scorsese, dal "luminare" Eric Roth (già Oscar per Forrest Gump, ma sono suoi anche gli script di Munich, Alì, Insider, Dune, per citarne solo alcuni) in diversi frangenti lo spettatore deve ricorrere a tutta la sospensione di incredulità di cui è capace. Ritenete possibile, oggettivamente, che la povera Molly sia così ingenua da assistere inerte allo sterminio della propria famiglia (le uccidono la madre, le due sorelle, il cognato, i nipoti) senza mai sospettare nulla? E vi pare possibile che quel coglione di Ernest sia davvero così coglione per essere verosimile, che non si accorga mai di essere turlupinato dallo zio? Sono domande legittime che lo spettatore medio si pone e alle quali, francamente, è difficile dare una risposta diversa dall'ovvietà di quello che si vede.

Infine, ma non certo ultimo per importanza, c'è il discorso del minutaggio. Killers of the Flower Moon dura tre ore e mezza, non proprio una passeggiata, anche se questi 206 minuti tutto sommato mi sono sembrati molto più snelli dei 90 di Asteroid City, ma non è questo il punto. Il punto (vero) è: questi 206 minuti, che per chi fa una vita normale (lavoro, tragitto, figli, casa) equivalgono quasi a un sequestro di persona (io stesso, che non ho nè moglie nè figli ma ho un lavoro che mi obbliga a fare il pendolare, ho impiegato quasi tre settimane prima di trovare un pomeriggio libero per vederlo) sono davvero necessari? Sono davvero indispensabili ai fini del risultato finale?

Con tutto il rispetto verso fior di critici, secondo i quali "la lunghezza non è mai IL problema", mi permetto di dubitare: credo che con un montaggio più essenziale il film ci avrebbe sicuramente guadagnato. Anche perchè già dopo le prime... due ore, Scorsese ci mette in mano tutti gli elementi per sviscerare la trama: sappiamo chi sono le vittime, chi sono i colpevoli, chi gli inetti e chi i manipolatori. Perchè perdersi dunque in una ridondante parte processuale di oltre un'ora quando già sappiamo tutto? Non sarebbero bastate le consuete didascalie sui titoli di coda per confermarci quello che già era palese? Non è una polemica, giuro, ma un invito alla riflessione e al dibattito.

In fin dei conti, Killers of the Flower Moon dura mezz'ora in meno di Via col vento e tre minuti in meno di The Irishman, dello stesso Scorsese. Eppure resto dell'idea che film così smisurati e dilatati servano più al marketing che altro. Un film di tre ore e mezza deve per forza essere lanciato come "evento" (anche perchè ti consente solo due-tre spettacoli giornalieri) e pertanto la lunghezza diventa un brand, una certificazione di scopo. Fermo restando che, per carità, in quelle tre ore e mezza ci sono comunque parti "scorsesiane" doc che da sole basterebbero (e avanzerebbero) per giustificare il prezzo del biglietto. E alla fine tre ore e mezza di Scorsese, anche se non proprio leggerissime, meritano sempre la visione. A prescindere.

12 commenti:

  1. «E vi pare possibile che quel coglione di Ernest sia davvero così coglione per essere verosimile?»
    Caro amico, si vede che non hai vissuto a Rovereto 😂😅

    Per il resto, io lo ho adorato, e lo dico da persona che i film del MAESTRO li ha ben cassati. Ma il bello della critica, quando argomentata e lontana da fanatismi, è proprio questo.

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    1. Ma sì, anche a me è piaciuto... non vorrei che quello che ho scritto sembrasse una stroncatura, non lo è. Però, semplicemente, per me i capolavori sono altri. Fermo restando che uno Scorsese "medio" è sempre di gran lunga migliore del 90% della roba che passa in sala.

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  2. Visto nel giorno dei Santi. Sono partito alle 16 per andare al cinema e sono tornato alle 22. In effetti quanto una giornata di lavoro. Il film mi è piaciuto ma non vale lo sforzo, concordo con te.
    Buonanotte.
    Mauro

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    1. Ciao Mauro, beh hai detto tutto. Ho sempre paura di essere io il "boomer" incattivito e inaridito che ormai si è fatto snob, ma ho letto in giro tante opinioni simili alla tua quindi vuol dire che non siamo proprio delle mosche bianche...

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  3. Per me invece è un capolavoro! :D ma lo sai che su Scorsy non sono obiettiva! :D

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  4. Anche a me è piaciuto tanto e pur condividendo alcune tue osservazioni, devo dire che le ore a me sono volate, forse anche grazie alla musica ipnotica e splendida. Di Caprio penso faccia una parte apposta cosi e credo sia stato lui a sceglierla invece del "buono" o dell eroe forse per far risaltare ancora di piu la grettezza di certe persone. Comunque anche io sono di parte con Scorsese e la scena finale o farmi conoscere la storia degli Osage valgono da soli per me il prezzo del biglietto. Decio

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    1. In realtà sembra che all'inizio DiCaprio dovesse interpretare il poliziotto, ruolo andato poi a Jesse Plemons. Hai ragione: la colonna sonora è splendida e le tre ore e mezza scorrono via bene, difatti i miei dubbi, come ho scritto, erano solo su certe parti della sceneggiatura. Ma per il resto è un signor film, ci mancherebbe!

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  5. Per quanto mi riguarda, uno dei finali più belli degli ultimi anni mai visti al cinema

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  6. Secondo me non c'è stata nessuna operazione di marketing e per una volta Scorsese ha fatto quello che ha voluto. anzi, piuttosto un film così lungo, di questi tempi, al cinema, è un suicidio commerciale, considerato che Scorsese non tira più come una volta... non dopo essere stato trasformato nel vecchietto boomer che straparla per invidia della Marvel. Per quanto mi riguarda, la prossima volta può anche girare un film da 6 ore!

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    1. Sulla Marvel sono assolutamente d'accordo con lui! 😉 e comunque il film sta andando benissimo al botteghino: sta per raggiungere i 5 milioni di incasso (in Italia) che per un film del genere sono un risultato ottimo. Ad ogni modo concordo con la tua chiosa: a Marty dev'essere permesso fare tutto

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