mercoledì 10 gennaio 2024

SALTBURN


titolo originale: SALTBURN (USA, 2023)
regia: EMERALD FENNELL
sceneggiatura: EMERALD FENNELL
cast: BARRY KEOGHAN, JACOB ELORDI, ROSAMUND PIKE, RICHARD E. GRANT, ALISON OLIVER, CAREY MULLIGAN, ARCHIE MADEKWE
durata: 132 minuti
giudizio: 



Oliver Quick è un timido ragazzo di provincia che viene ammesso alla prestigiosa università di Oxford, dove fatica ad ambientarsi a causa dell'ambiente aristocratico che lo accoglie. Un giorno però Oliver riesce per puro caso a stringere amicizia con l'idolo della scuola, il ricco e disinvolto Felix Catton, conquistandone la fiducia e sviluppando un'attrazione fanatica per lui. Oliver comincia così a frequentare la facoltosa e strampalata famiglia Catton, accettando di trascorrere le vacanze estive nella loro sterminata proprietà, a Saltburn... 



"Ti cambia la vita anche cambiare ristorante, figuriamoci un Oscar!". Lo diceva Roberto Benigni ai tempi de La vita è bella, e di sicuro deve averlo pensato anche Emerald Fennell quando si è trovata a dover gestire il trionfo inatteso (e per me meritato) della sua opera prima, Una donna promettente, esordio folgorante e spiazzante, la cui sfrontatezza seppe conquistare anche i giurati dell'Academy. Ma un Oscar vinto al primo colpo porta inevitabilmente anche a dover gestire popolarità e aspettative di sicuro non previste, e che provocano per forza di cose una certa "ansia da prestazione".

Questo per dire che dopo Una donna promettente tutti aspettavano al varco Emerald Fennell, e come spesso succede càpita che il secondo film non sia bello come il primo: del resto mica tutti sono Orson Welles... anzi, mi parrebbe la cosa più normale. Per questo faccio fatica a comprendere le reazioni scomposte della critica, in maggior parte "sguaiate", che hanno accompagnato Saltburn: che, lo dico subito, a livello filmico è una sciocchezzuola verso la quale non andrebbe sprecato nemmeno tanto inchiostro, ma ciò non giustifica l'accanimento che questo film ha ricevuto un po' dappertutto tanto da far pensare male, ovvero che una buona dose di maschilismo si sia  convogliata nello stroncare pregiudizialmente un'opera diretta da una regista schierata in prima linea contro il patriarcato. E siccome preferisco non crederci, mi fermo qui.

Tornando a Saltburn, fa specie che l'aspetto più deludente del film sia proprio la sceneggiatura, categoria per la quale la Fennell era stata insignita dall'Academy: è infatti oggettivo che lo script del film sia di una banalità sconcertante, oltre che fin troppo prevedibile. Il tema è quello dell'arrivismo e dell'arrampicamento sociale, e su quanto ognuno di noi è disposto a spingersi pur di occupare i vertici della piramide gerarchica. Olver Quick è uno studente che, attratto fisicamente da un compagno di studi facoltoso, lo circuirà fino ad abbindolare lui e l'intera sua famiglia per poi sostituirsi ad essa ballando (letteralmente) sui loro cadaveri: ogni riferimento all'acclamato Parasite è perfino ovvio, peccato però che qui la Fennell non dimostri nè la genialità nè il talento estetico di Bong Joon-ho e finisca per confezionare un'operetta pruriginosa ma scontatissima, che non inquieta mai e finisce solo per annoiare nei suoi 132 minuti (troppi) di durata.

Non che in Saltburn sia tutto da buttare, intendiamoci. Chi lo ha scritto è in assoluta malafede. Ci sono scelte artistiche che appaiono ben congegnate anche se non proprio originalissime (vedi il claustrofobico formato 4:3 per dare l'idea di una parabola opprimente), così come le scenografie e gli arredi furbescamente datati trasmettono un'aura di aristocrazia decadente,  presagio di una fine tragica. Solo che questa messinscena ad effetto alla fine risulta fine a se stessa, senza che mai una volta il film dia l'idea di voler sviluppare un'analisi critica dei personaggi e del contesto sociale in cui si muovono.

Saltburn resta sempre in superficie, senza mai affondare i colpi: sembra un film precotto, costruito apposta per provocare, fintamente disturbante. Ma il giochino è talmente facile che lo spettatore si stanca subito e finisce quasi per irritarsi di fronte a tale formalismo vuoto, un esercizio stilistico inutilmente sopravvalutato.

L'unico a salvarsi (e alla grande, è giusto riconoscerlo) è il protagonista Barry Keoghan: attore dal volto particolarissimo, che sa bene come "bucare lo schermo", specializzato in ruoli inquietanti (lo avevamo già visto ne Gli spiriti dell'isola e Il sacrificio del cervo sacro) è uno di quei nomi sui quali mi giocherei senza indugi una scommessina da dieci euro: se mai dovesse decidersi a lasciare la "sua" Irlanda (dove vive tuttora e dove è cresciuto in modo assai turbolento...) potrebbe davvero spiccare il volo a Hollywood. Di sicuro ne risentiremo parlare a lungo.

16 commenti:

  1. Le singole scene sono fenomenali, peccato che l'insieme sia incerto. Il problema è che i ricchi appaiono parecchio nebulosi e non si approfondisce praticamente nulla... Una grossa occasione sprecata, perché il materiale (e il talento) c'erano.

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    1. Ma sì, sono d'accordo... ottima confezione e buon cast però il film è terribilmente scontato. Non ci si appassiona mai, e aldilà di certe scene a effetto il risultato è davvero molto deludente

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  2. Sono contenta che hai analizzato il film in maniera corretta e non prevenuta, e noi hai attaccato la regista solo perché donna. Come hai scritto giustamente il film può non piacere ma certe critiche fanno davvero spavento per come sono cattive e prevenute. Sei stato uno dei pochi.

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    1. Grazie, anche se la mia età più una critica al "sistema piuttosto che al film in particolare. Spero di riuscire ridolvere

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  3. Dopo Promising young woman ero entusiasta per la seconda opera di Emerald Fennell, ma la delusione è stata cocente: per me pretenzioso e proprio carente nella sceneggiatura. Inoltre diverse sequenze (specie quelle erotiche) le ho trovate inutilmente grottesche al limite del ridicolo. Forse il passo più lungo della gamba? Lo vedremo alla prossima regia.
    In realtà io ho anche letto diverse recensioni esaltate e le ho trovate incomprensibili.

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    1. Scusami se ti rispondo solo ora ma il commento era finito nello spam, non so perché... comunque sono d'accordo con te al 100% la delusione è doppia perché dopo lo splendido "Una donna promettente" era lecito aspettarsi parecchio, parecchio di più rispetto a un filmetto scontato e pruriginoso come questo. Ad ogni modo così come il primo film non fa di ogni nuovo autore un nuovo Orson Welles, il secondo non significa che quell'autore è già finito. Diamogli tempo...

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  4. Non è che anche quello prima fosse sto gran capolavoro, eh!

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    1. Dissento. A me "Una donna promettente" era piaciuto davvero tanto: un film che rivisto oggi, e alla luce di quello che accade "fuori" è ancora più attuale

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  5. Film precotto, ben detto. Tutto ovvio, già visto per altro. Dopo Una donna promettente l'ho trovato davvero ben poca cosa.

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    1. Purtroppo sì. E mi dispiace dirlo perché il primo film era davvero brillante... però succede 🤷🏻‍♂️

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  6. Mi ricordo che gran film era stato "Una donna promettente" e mi spiace questo suo arretramento, ma capita. Molti registi, donne o uomini, hanno fatto nella loro carriera anche film brutti, o sbagliati... spero che sia uno di questi e che si riprenda. Io non l'ho ancora visto, ma se non mi capiterà a tiro non lo cercherò.

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    1. Assolutamente d'accordo, lo spero anch'io. Ci sono registi che hanno girato un solo film importante in carriera, altri nemmeno quello... la Fennell ha tutto il tempo per rifarsi

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  7. A me invece è piaciuto. Certo non è dirompente e incazzevole come Una donna promettente, ma molto più provocatorio. Dialoghi e personaggi sono brillanti. Keoghan e la Pike bravissimi, e anche in gra forma direi :)

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  8. Ci mancherebbe. I dialoghi sono assolutamente brillanti, è la trama in sé che è davvero esile, banalissima. Sugli attori niente da dire 😊

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  9. Risposte
    1. Demolito è un termine forte... come ho scritto ci sono anche aspetti che mi sono piaciuti, ma nel complesso la trovo un'opera alquanto feludente

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