domenica 28 maggio 2023

RAPITO


titolo originale: RAPITO (ITALIA, 2023)
regia: MARCO BELLOCCHIO
sceneggiatura: MARCO BELLOCCHIO, SUSANNA NICCHIARELLI, EDOARDO ALBINATI, DANIELA CESELLI
cast: LEONARDO MALTESE, PAOLO PIEROBON, BARBARA RONCHI, FAUSTO RUSSO ALESI, FILIPPO TIMI, FABRIZIO GIFUNI
durata: 134 minuti
giudizio: 



Bologna, 1858. Il piccolo Edgardo Mortara viene sottratto ai suoi veri genitori, entrambi ebrei, per essere educato alla religione cattolica. Secondo la giustizia pontificia infatti (e sulla base di una testimonianza dubbia) il bimbo risulterebbe essere stato battezzato di nascosto, e pertanto obbligato alla conversione secondo le leggi dell'epoca...   





Nella critica, come nella vita, esistono anche le sfumature. Non è sempre tutto bianco o nero, bello o brutto, spettacolare o indecente (anche se nell'era dell'internet si tende a prediligere l'assolutezza, se non altro per raccattare qualche click in più). Quello che voglio dirvi è che anche a Marco Bellocchio ogni tanto è concesso di fare un film "normale", vale a dire non un capolavoro. A 83 anni lo si può capire... e badate bene, questo non significa assolutamente che Rapito sia un brutto film (è comunque più bello della stragrande maggioranza di ciò che passa in sala oggi) ma se paragonato a Esterno Notte, Il Traditore, L'ora di religione, Vincere, I pugni in tasca, certo non siamo a quei livelli. Ma ci sta. Una cosa comunque è certa: anche Rapito conferma l'assoluta coerenza di Bellocchio con i suoi temi (e le ossessioni) di sempre: la famiglia, il laicismo, la critica alla religione, la protesta, il dramma intimo e umano. Forse in questo caso pecca un po' di manicheismo, e vedremo perchè. 

La storia ormai la conoscete, ne hanno parlato un po' tutti in questi giorni cannensi (e del resto ci aveva pensato anche Steven Spielberg, non uno qualsiasi). Il film ricostruisce la brutta vicenda di Edgardo Mortara, un bambino di sei anni che nella Bologna del 1858 venne strappato alla sua famiglia e rinchiuso in Vaticano per volere di Papa Pio IX, costretto (lui, ebreo) ad abbracciare la religione cattolica in seguito a una presunta testimonianza di battesimo da parte di una balia dai costumi un po' facili... attenzione, piccolo ripasso di storia: nel 1858 Bologna faceva ancora parte dello Stato Pontificio, ma i moti rivoluzionari stavano ormai per far crollare il potere temporale del Papa, il cui regno di lì a poco si sarebbe dissolto lasciando il posto all'Italia unita e savoiarda. Il caso Mortara ebbe quindi una risonanza che andò ben oltre la vicenda in sè, diventando l'emblema di una Chiesa che non si rassegnava a perdere la sua egemonia territoriale e cercava di fare la voce grossa con i più deboli (guardacaso, gli ebrei) sorda a un destino ormai ineluttabile.


Per questo il giovane Edgardo, malgrado gli ammonimenti dei potenti dell'epoca (da Napoleone III ai banchieri austriaci Rotschild, occulti finanziatori del clero) verrà condotto a Roma per essere convertito al Cristianesimo: ciò avverrà in un rigido collegio frequentato da altri giovani catechisti "deportati" come lui, cui viene inculcata a forza la nuova dottrina da parte dei sacerdoti preposti all'insegnamento. Il lavaggio del cervello è totale e sistematico: il ragazzino dimenticherà progressivamente la religione ebraica ricevuta dai genitori per abbracciare la sua nuova vita di seminarista, senza mai ribellarsi e rinnegando le sue origini. Il rapimento (ma sarebbe meglio dire la conversione, come recitava il titolo provvisorio del film, a mio avviso più azzeccato) darà alla lunga i suoi frutti, dato che Edgardo deciderà di restare per sempre fedele al Papa, anche dopo Porta Pia, rifiutandosi di tornare a casa (salvo per il maldestro tentativo di battezzare la madre morente) e dedicandosi successivamente alla missionarietà. Morirà quasi novantenne in Belgio, mai pentito (forse) della sua scelta.

Rapito
è un film di grande eleganza formale e di ottimi attori (da Paolo Pierobon - nei panni di Pio IX - a Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Filippo Timi, fino al perfido frate inquisitore interpretato da Fabrizio Gifuni) cui manca però la visionarietà e la complessità delle migliori opere del suo regista. E' un film piuttosto lineare, che scorre benissimo nelle sue due ore e un quarto di durata ma è pieno di "spiegoni" e ridondanze (insolito per uno come Bellocchio) che lo fanno arrivare senza sussulti ai titoli di coda. Certo, i temi cari al suo autore ci sono sempre tutti (compresa l'immancabile aula di tribunale, non solo fisica ma anche traslata) ma stavolta lo spettatore non si interroga quasi su niente, è tutto fin troppo nitido e palese, perfino le celebri scene "oniriche" tipicamente bellocchiane sono quasi irrilevanti e un po' fini a se stesse: vedasi la sequenza, suggestiva ma fin troppo prevedibile, del Cristo che scende dalla croce...

Un film più "semplice" del previsto, quindi, quasi anomalo, così come viene semplificata (troppo, a nostro avviso) la pesante critica alla religione e alla Chiesa Cattolica. E' risaputo che Bellocchio, ateo convinto, non è mai stato tenero nei confronti dell'istituzione ecclesiastica, ma la rappresentazione che ne viene data in questo film è decisamente manichea e caricaturale: a partire dal Papa, sempre raffigurato come un personaggio sgradevole, quasi diabolico, repellente, a capo di un impero (spirituale e temporale) che sembra il regno del Male, fucìna di fanatismo ideologico. Siamo ben lontani dal fascino mistico de L'ora di religione o dalle attente riflessioni di Bella Addormentata: in Rapito l'attacco alla Chiesa è violento e un tantino fuori misura, oserei dire alquanto fastidioso (anche per i non credenti) e finisce per mettere fuori fuoco quello che è il vero tema del film, ovvero la conversione di Edgardo e la sua progressiva accettazione di un mondo che lo ha cooptato con la forza. Eppure solo nell'ultima (bellissima) scena il ragazzo sembra accorgersi di essere stato manipolato, ma è solo un istante, un gesto di insofferenza prima dei titoli di coda. E forse è davvero troppo poco.

6 commenti:

  1. Condivido il tuo giudizio. Un buon film ma non all'altezza del miglior Bellocchio. Più che altro l'ho trovato prevedibile e anche le famose scene "oniriche" Bellocchio style mi sono sembrate piuttosto telefonate. Visivamente bellissimo però sono d'accordo

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    1. Collimiamo. In effetti la sceneggiatura è il punto più debole del film, e pare impossibile visto che oltre a Bellocchio hanno collaborato allo script la Nicchiatelli e Albinati... non proprio gli ultimi arrivati. Ad ogni modo però, come mi preme ribadire, i film brutti sono ben altri...

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  2. Appena visto. In effetti è meno "potente" del Traditore ma non meno accurato. E soprattutto racconta una storia terribile che è bene il mondo conosca perché le sopraffazioni religiose sono presenti anche oggi (purtroppo) in svariate parti del mondo.
    Un caro saluto e buonanotte.
    Mauri

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    1. Hai ragione, Mauro. Sono le "storture" della critica e del fatto... di vedere troppi film! Ci concentriamo sull'analisi del film ma spesso ci dimentichiamo del perché esiste questo o quel film. E questa era una storia che meritava di essere raccontata

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  3. Spocchioso e superficiale. Racconta i fatti senza approfondirli e appesantisce il racconto con effetti speciali pacchiani. Quasi irritante direi

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    1. Perdonami, ma "irritante" è un aggettivo che trovo irriguardoso nei confronti di un grande Autore come Bellocchio: per carità, il film può non piacere e si può essere liberi di criticare tutto ma certo non "irrita"... un Bellocchio minore è comunque "maggiore" di innumerevole ciarpame che passa nelle nostre sale

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