sabato 6 maggio 2023

LE OTTO MONTAGNE


titolo originale: LE OTTO MONTAGNE (ITA/BEL/FRA, 2022)
regia: FELIX VAN GROENINGEN, CHARLOTTE VANDERMEERSCH
sceneggiatura: FELIX VAN GROENINGEN, CHARLOTTE VANDERMEERSCH
cast: LUCA MARINELLI, ALESSANDRO BORGHI, FILIPPO TIMI, ELENA LIETTI, ELISABETTA MAZZULLO, SURAKSYA PANTA
durata: 147 minuti
giudizio: 



Il dodicenne Pietro trascorre ogni anno le vacanze estive in Valle d'Aosta, ai piedi del Monte Rosa, spronato dal padre grande appassionato di montagna. Qui conosce Bruno, un coetaneo del posto con una difficile storia familiare sulle spalle. Tra i due nascerà un'amicizia infantile, ma col passare degli anni le loro vite si divideranno: Pietro continuerà a frequentare la montagna solo d'estate, mentre Bruno resterà fedele alla sua terra. Eppure il legame tra i due ragazzi, seppur caratterialmente diversissimi tra loro, resterà indissolubile nel tempo...





Dimenticatevi Brokeback Mountain, e anche Chiamami col tuo nome... per fortuna, oserei dire: la storia raccontata dai due registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (tratta dal romanzo omonimo di Paolo Cognetti, già Premio Strega) non ha nessuna implicazione gay, nessun substrato pruriginoso. Di questi tempi oserei dire che è quasi rivoluzionaria. E', semplicemente, banalmente, una bella storia di amicizia virile tra due uomini che non potrebbero essere più diversi: uno viene dalla città, è benestante, loquace, inserito in società. L'altro è un montanaro timido, rude, introverso e di umili origini. Si incontreranno e non si lasceranno mai più, seppure il loro rapporto andrà avanti a fasi alterne e con alterne fortune. Le otto montagne non è e non sembra neppure un film italiano, malgrado gli attori siano tutti de' noantri: si respira un'atmosfera sobria, ancestrale, profondamente "nordica", che non scivola mai nemmeno per un attimo in certe situazioni commediesche tipiche del nostro cinema medio (è un complimento, sia chiaro).

Bruno e Pietro si incontrano da bambini in un microscopico paesino delle Alpi: Bruno è nato e vive lì, e si capisce subito che sarà "condannato" a restarci per sempre. Pietro invece ci viene solo per le vacanze estive, a rimorchio del padre (Filippo Timi), grande appassionato di montagna e gran lavoratore, quasi sempre assente in famiglia, che si ritaglia in quelle passeggiate tra scenari incontaminati i rari momenti da condividere con il figlio. Andranno avanti così per qualche anno, poi si perderanno di vista (anche a causa dell'estrazione sociale profondamente diversa) finchè la morte del padre di Pietro non li farà ritrovare, ormai adulti e vaccinati (e interpretati da due dei migliori attori italiani del momento, ovvero Alessandro Borghi e Luca Marinelli), pronti a compiere insieme il loro viaggio, malgrado vicende familiari e personali completamente diverse. 

Non è per ribadire una mia fissazione, eppure anche in questo film comunque buono e meritevole di analisi, è impossibile non vedere i danni del "politically correct" imperante: quella tra Bruno e Pietro è la cronaca di un'amicizia, normalissima, tra due uomini. Un'amicizia vera, fatta di poche parole e molti sguardi, capace di resistere al tempo, alla distanza, al ceto sociale e soprattutto alla gelosia di Pietro, che non perdonerà mai al padre il suo rapporto molto stretto con Bruno, quasi come fosse un secondo figlio, rapporto che invece non era mai riuscito a instaurare con lui a causa delle continue assenze del genitore. Un'amicizia maschile che nel film sembra sentire il bisogno di essere continuamente legittimata, quasi per sgombrare ogni dubbio su un'inesistente relazione omosessuale: e sono proprio queste dimostrazioni di "virilità" il punto debole di un film altrimenti bellissimo, che rischiano di farlo scadere talvolta nel ridicolo: non sono riuscito a trattenere più di una risata vedendo certe scene (inutili e ridondanti) di questi due omaccioni nerboruti intenti a spaccare pietre in canotta e muscoli, a fare il bagno nelle acque fredde del lago, oppure ubriacarsi di grappa e scuoiare animali a mani nude... 

Al netto di queste leziosità, però, Le otto montagne sa di opera rigorosa, umanissima e sinceramente naturalista, senza alcuna concessione alla ruffianeria o al cattivo gusto (di cui invece era colmo il film precedente dei due registi, il terribile Alabama Monroe - una storia d'amore). La scelta di girare in formato 4:3 anzichè nel più panoramico e accattivante 16:9 è chiaramente voluta: niente paesaggi da cartolina, niente inquadrature mozzafiato, ad effetto, per stupire lo spettatore con riprese da National Geographic. Quei paesaggi aspri e incontaminati racchiudono tutta la durezza di un territorio (che si riflette nel carattere di chi ci abita) che può essere malvagio e perfino letale. La montagna NON è la protagonista di un film tutto basato sui sentimenti, eppure è sempre lì, onnipresente, a ricordarci come le nostre vite, tutte, siano terribilmente influenzate dal contesto in cui viviamo. E che c'è una bella differenza tra il (sopra)vvivere in un luogo così impervio e venirci solo d'estate a fare i turisti, magari con sciarpetta di cashmere e scarpe di cuoio...

Nel complesso un film godibile, per certi versi affascinante anche se disuguale: a una prima parte umanissima, ben strutturata, che segue passo passo il difficile cammino verso l'età adulta dei due protagonisti, ne segue una seconda invece più sfilacciata, appesantita da una voce over (di Marinelli) spesso non indispensabile e da certe scene di raccordo appiccicate con il Vinavil (quelle - davvero da cartolina - girate in Nepal) ma che comunque non tolgono forza a una pellicola lunga ma mai noiosa, solida, capace di emozionare e far provare sensazioni autentiche e del tutto sconosciute a noi "gente di pianura", cui capita immaginare la montagna come certi radical-chic di città.
  

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